Le clamidiosi dei mammiferi
Le presentazioni cliniche più frequenti per le quali viene richiesta l’esecuzione di esami di laboratorio per la ricerca di clamidie nei ruminanti sono l’aborto, accompagnato o meno da ritenzione placentare, la mummificazione dei feti, la natimortalità e le patologie dell’apparato riproduttivo che comportano la riduzione della fertilità. Casi di aborto enzootico da clamidia, il cui agente è Chlamydia abortus, vengono diagnosticati ogni anno in allevamenti di capre principalmente localizzati nelle province settentrionali della Lombardia e nell’appennino parmigiano e reggiano. La ricerca delle clamidie viene quasi sempre eseguita con metodiche dirette (metodiche molecolari e isolamento in coltura cellulare) insieme a quella di altri agenti abortigeni batterici (Brucella melitensis, Salmonella spp., Listeria monocytogenes, Coxiella burnetii) e parassitari (Toxoplasma gondii). Le richieste di analisi per la ricerca di clamidie in materiali patologici proveniente da allevamenti ovini sono comparativamente molto meno numerose, ma hanno comunque portato a rilevare l’aborto da clamidia anche nelle pecore. Nel bovino, l’attività del CRN riguarda in prevalenza la ricerca di clamidie con metodiche dirette e anche indirette (esame sierologico con metodica ELISA) nell’ambito della diagnostica differenziale degli aborti con l’accertamento di infezioni parassitarie (Neospora caninum), batteriche (B. abortus, B. melitensis, C. burnetii, altri agenti batterici), micotiche e virali (IBR, BVD). Nell’esperienza del CReNCla, la rilevanza delle clamidie tra gli agenti di aborto infettivo del bovino appare molto modesta, con positività che si attestano intorno al 2-3% dei campioni esaminati. Accanto al prevedibile ritrovamento di C. abortus nei feti abortiti, è interessante notare il rilievo occasionale di Chlamydia psittaci, clamidia principalmente associata a infezione e malattia nelle specie aviari, Chlamydia pecorum, specie ritenuta non abortigena, e raramente anche Chlamydia suis. Di maggior rilievo appaiono i ritrovamenti di clamidie nel corso di altre patologie genitali del bovino, in particolare endometriti e vaginiti. Il quadro clinico comunemente osservato riferisce la comparsa in azienda di soggetti che presentano un marcato edema e iperemia della mucosa vaginale con copiosa essudazione muco-purulenta biancastra. Caratteristico risulta l’andamento ondulante del numero dei casi osservati, con periodi di apparente normalità clinica in azienda che si alternano a fasi della durata di alcune settimane caratterizzate dalla comparsa di numerosi casi clinici. Nei casi risultati positivi per clamidia, la specie isolata o rilevata con metodiche molecolari è sempre stata C. pecorum, che in effetti è associata quasi esclusivamente a infezioni non abortigene nei mammiferi. Talvolta il ritrovamento delle clamidie nei casi osservati è risultato concomitante al rilievo di altre infezioni batteriche (streptococchi, micoplasmi, Escherichia coli) e virali (Bovine herpes virus 4) per l’accertamento delle quali è consigliabile dunque sempre procedere alle specifiche prove diagnostiche.
Alcuni isolati di clamidia ottenuti da capre, pecore e bovini sono stati tipizzati con metodiche molecolari avanzate nell’ambito di uno studio internazionale volto all’analisi genomica comparativa di isolati provenienti da diversi Paesi europei e specie animali, allo scopo di identificare markers di virulenza e differenziare gli isolati di campo dai ceppi vaccinali. Un caso particolare e interessante nell’attività del CReNCla è consistito nell’esecuzione dell’accertamento di laboratorio per clamidia in un focolaio di encefalomielite manifestatosi in diversi capi di un allevamento di bufali della provincia di Salerno. In questo episodio, i campioni biologici di encefalo prelevati e inviati al CReNCla da parte della locale Sezione Diagnostica di Salerno dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, sono risultati positivi e hanno portato all’isolamento anche in questo caso di una clamidia non abortigena (C. pecorum) che è stata riconosciuta l’unico agente infettivo causa della malattia. Alcuni accertamenti diagnostici eseguiti su organi e tessuti prelevati a ruminanti selvatici (capriolo, camoscio, stambecco) abbattuti nell’ambito di piani di controllo delle popolazioni selvatiche hanno anche portato nel corso degli anni all’isolamento/rilevamento di C. abortus in un feto mummificato di capriolo e di C. pecorum dal polmone di due camosci – in tempi e località tra loro distanti – talvolta in associazione a altri agenti batterici (Moraxella, Pasteurella) e parassitari (nematodi polmonari).
Nel suino, l’attività del CReNCla è finalizzata al rilevamento delle clamidie come agenti di malattia in rapporto a diversi quadri clinici. La loro presenza è stata finora accertata più volte in associazione a episodi di congiuntivite che possono coinvolgere fino al 20% dei soggetti in allevamento (specie rilevate: C. suis e C. pecorum) e occasionalmente in feti abortiti (specie rilevata: C. abortus) e in tamponi vaginali prelevati da soggetti affetti da ipofertilità (specie rilevata: C. pecorum).
Nel gatto, la richiesta di accertamento per clamidia è limitata alla diagnostica delle congiuntiviti. Nella maggior parte dei casi, la specie associata risulta essere Chlamydia felis, ma talvolta si ha evidenza della presenza di microorganismi clamidie-simili, il cui ruolo patogeno necessita di essere chiarito.
Nel corso degli anni, l’attività del CRN è stata anche sporadicamente richiesta nell’ambito di accertamenti diagnostici in altre specie di mammiferi (cavallo, cane, coniglio, cavia), sempre risultati negativi ma da considerare in numero insufficiente per poter trarre conclusioni attendibili sulla rilevanza della malattia.
Le presentazioni cliniche più frequenti per le quali viene richiesta l’esecuzione di esami di laboratorio per la ricerca di clamidie nei ruminanti sono l’aborto, accompagnato o meno da ritenzione placentare, la mummificazione dei feti, la natimortalità e le patologie dell’apparato riproduttivo che comportano la riduzione della fertilità. Casi di aborto enzootico da clamidia, il cui agente è Chlamydia abortus, vengono diagnosticati ogni anno in allevamenti di capre principalmente localizzati nelle province settentrionali della Lombardia e nell’appennino parmigiano e reggiano. La ricerca delle clamidie viene quasi sempre eseguita con metodiche dirette (metodiche molecolari e isolamento in coltura cellulare) insieme a quella di altri agenti abortigeni batterici (Brucella melitensis, Salmonella spp., Listeria monocytogenes, Coxiella burnetii) e parassitari (Toxoplasma gondii). Le richieste di analisi per la ricerca di clamidie in materiali patologici proveniente da allevamenti ovini sono comparativamente molto meno numerose, ma hanno comunque portato a rilevare l’aborto da clamidia anche nelle pecore. Nel bovino, l’attività del CRN riguarda in prevalenza la ricerca di clamidie con metodiche dirette e anche indirette (esame sierologico con metodica ELISA) nell’ambito della diagnostica differenziale degli aborti con l’accertamento di infezioni parassitarie (Neospora caninum), batteriche (B. abortus, B. melitensis, C. burnetii, altri agenti batterici), micotiche e virali (IBR, BVD). Nell’esperienza del CReNCla, la rilevanza delle clamidie tra gli agenti di aborto infettivo del bovino appare molto modesta, con positività che si attestano intorno al 2-3% dei campioni esaminati. Accanto al prevedibile ritrovamento di C. abortus nei feti abortiti, è interessante notare il rilievo occasionale di Chlamydia psittaci, clamidia principalmente associata a infezione e malattia nelle specie aviari, Chlamydia pecorum, specie ritenuta non abortigena, e raramente anche Chlamydia suis. Di maggior rilievo appaiono i ritrovamenti di clamidie nel corso di altre patologie genitali del bovino, in particolare endometriti e vaginiti. Il quadro clinico comunemente osservato riferisce la comparsa in azienda di soggetti che presentano un marcato edema e iperemia della mucosa vaginale con copiosa essudazione muco-purulenta biancastra. Caratteristico risulta l’andamento ondulante del numero dei casi osservati, con periodi di apparente normalità clinica in azienda che si alternano a fasi della durata di alcune settimane caratterizzate dalla comparsa di numerosi casi clinici. Nei casi risultati positivi per clamidia, la specie isolata o rilevata con metodiche molecolari è sempre stata C. pecorum, che in effetti è associata quasi esclusivamente a infezioni non abortigene nei mammiferi. Talvolta il ritrovamento delle clamidie nei casi osservati è risultato concomitante al rilievo di altre infezioni batteriche (streptococchi, micoplasmi, Escherichia coli) e virali (Bovine herpes virus 4) per l’accertamento delle quali è consigliabile dunque sempre procedere alle specifiche prove diagnostiche.
Alcuni isolati di clamidia ottenuti da capre, pecore e bovini sono stati tipizzati con metodiche molecolari avanzate nell’ambito di uno studio internazionale volto all’analisi genomica comparativa di isolati provenienti da diversi Paesi europei e specie animali, allo scopo di identificare markers di virulenza e differenziare gli isolati di campo dai ceppi vaccinali. Un caso particolare e interessante nell’attività del CReNCla è consistito nell’esecuzione dell’accertamento di laboratorio per clamidia in un focolaio di encefalomielite manifestatosi in diversi capi di un allevamento di bufali della provincia di Salerno. In questo episodio, i campioni biologici di encefalo prelevati e inviati al CReNCla da parte della locale Sezione Diagnostica di Salerno dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, sono risultati positivi e hanno portato all’isolamento anche in questo caso di una clamidia non abortigena (C. pecorum) che è stata riconosciuta l’unico agente infettivo causa della malattia. Alcuni accertamenti diagnostici eseguiti su organi e tessuti prelevati a ruminanti selvatici (capriolo, camoscio, stambecco) abbattuti nell’ambito di piani di controllo delle popolazioni selvatiche hanno anche portato nel corso degli anni all’isolamento/rilevamento di C. abortus in un feto mummificato di capriolo e di C. pecorum dal polmone di due camosci – in tempi e località tra loro distanti – talvolta in associazione a altri agenti batterici (Moraxella, Pasteurella) e parassitari (nematodi polmonari).
Nel suino, l’attività del CReNCla è finalizzata al rilevamento delle clamidie come agenti di malattia in rapporto a diversi quadri clinici. La loro presenza è stata finora accertata più volte in associazione a episodi di congiuntivite che possono coinvolgere fino al 20% dei soggetti in allevamento (specie rilevate: C. suis e C. pecorum) e occasionalmente in feti abortiti (specie rilevata: C. abortus) e in tamponi vaginali prelevati da soggetti affetti da ipofertilità (specie rilevata: C. pecorum).
Nel gatto, la richiesta di accertamento per clamidia è limitata alla diagnostica delle congiuntiviti. Nella maggior parte dei casi, la specie associata risulta essere Chlamydia felis, ma talvolta si ha evidenza della presenza di microorganismi clamidie-simili, il cui ruolo patogeno necessita di essere chiarito.
Nel corso degli anni, l’attività del CRN è stata anche sporadicamente richiesta nell’ambito di accertamenti diagnostici in altre specie di mammiferi (cavallo, cane, coniglio, cavia), sempre risultati negativi ma da considerare in numero insufficiente per poter trarre conclusioni attendibili sulla rilevanza della malattia.