Sui campioni di latte conferiti da singoli caseifici nell’ambito del sistema di pagamento del latte in base alla qualità, vengono determinati su specifica richiesta anche alcuni altri parametri facoltativi che, a seconda dei casi, sono utilizzati dai produttori o trasformatori per differenti finalità. Tra questi vogliamo citare:
Residuo Secco Magro – Indicatore complessivo della componente nutritiva del latte con andamento tipicamente stagionale che ricalca quello di Proteine e Lattosio e ricomprende quello della componente salina.
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Acidità SH / pH – Indicatori dello stato di “freschezza” del latte (e del campione conferito) fortemente collegabile al tipo di contaminazione batterica prevalente ma anche, se valutato in associazione ad altri parametri, della condizione metabolico-sanitaria delle bovine. L’uso diffuso del conservante nei campionamenti del pagamento latte qualità ha reso però queste determinazioni ormai marginali per il nostro laboratorio (di fatto si tratta di verifiche che sono routinariamente e molto semplicemente realizzate direttamente in caseifico).
Lattodinamografia / Attitudine alla coagulazione – tradizionalmente riservato al latte destinato alla trasformazione in formaggi grana fornisce elementi di giudizio sulla adattabilità del latte alla caseificazione caratterizzandolo rispetto alle modalità di applicazione delle diverse fasi di processo in caseificio. Storicamente questo parametro permetteva una sorta di “selezione” degli allevamenti più adatti alle esigenze casearie per i formaggi a pasta cotta a lunga stagionatura. Oggi che questa esigenza è in genere superata, le caseificazioni sono infatti orami standardizzate, permette di mantenere una specie di monitoraggio sul latte ritirato (massa aziendale o caldaia) in grado di evidenziare dinamiche stagionali o negli anni che favorevoli o sfavorevoli per il caseificio. Su questo parametro sono in corso sperimentazioni al fine di realizzarne una versione di screening molto più rapida, economica ed applicabile anche su grandi numeri di campioni rispetto alla metodica tradizionale.
Acido Lattico – Utilizzato in passato come indicatore differenziale nei casi di eccessiva carica batterica, è rimasto come parametro distintivo per la produzione del latte fresco pastorizzato di alta qualità, ma aldilà di considerazioni normative ha perso di significatività in relazione ai livelli ormai bassissimi di contaminazione batterica del latte prodotto in regione.
Cloruri – Parametro sperimentalmente introdotto tra i controlli facoltativi qualche anno fa consente di selezionare tra gli allevamenti quelli in cui val la pena di approfondire indagini e controlli per composizioni anomale. In particolare, gli eccessi di contenuto in cloruri e, soprattutto, i cambiamenti repentini nel tempo possono indirizzare verso situazioni di incremento delle mastiti (non evidenziati attraverso le cellule somatiche per interventi non consentiti sul latte) oppure di aggiunta di soluzioni saline (non evidenziate attraverso la determinazione della crioscopia). Considerato il complessivo andamento stagionale, con variazioni intense nel caso di stalle che utilizzano il pascolo oppure in quelle con mandrie di minime dimensioni, è possibile tramite questa determinazione di screening monitorare tra i conferenti l’apparire di occasionali e significative variazioni rispetto all’andamento storico; limitando in questo modo i casi meritevoli di approfondimenti sia tramite sopralluoghi in loco che attraverso verifiche di laboratorio con metodi di riferimento. Proprio per quanto detto le osservazioni degli andamenti medi mensili non forniscono informazioni degne di nota trattandosi di un parametro il cui significato è strettamente relativo alla situazione specifica di un singolo allevamento.
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Aflatossina M1 – Per questo specifico parametro andrebbe fatto un’ampia trattazione che esula degli scopi del presente lavoro. Tra i numerosi contaminanti chimici che, in teoria, possono determinare contaminazioni del latte sia per origine ambientale che derivati da foraggi e mangimi, quella della Aflatossina M1 è sicuramente quello più “noto”.
Di fatto la stessa Normativa vigente sulla Sicurezza Alimentare fa riferimenti generici a questa tipologia di rischio sanitario per il consumatore. Dal punto di vista pratico infatti l’individuazione di questi contaminanti risulta fortemente dipendente a seconda dei casi, dalle caratteristiche ambientali e climatiche dell’area di allevamento, da modalità di allevamento e dal tipo di alimentazione, da particolari situazioni stagionali e ancora dal tipo di prodotti alimentari finali , dai trattamenti cui vengono sottoposti e dalle modalità di conservazione e consumo; a ciò si deve aggiungere ovviamente la possibilità di eseguire attività analitiche e l’esistenza di limiti normativi specifici . Da tutto ciò (e quindi in sostanza da una analisi del rischio) dipende quindi la decisione di porre sotto controllo un determinato contaminante chimico, di definirne la periodicità e gli eventuali interventi correttivi. Nello specifico per la AFM1 è infatti definito un limite di conformità per il latte: 0,050 µg/kg per il latte Reg (UE) n. 1881/2006
Per quanto riguarda l’area della Pianura Padana, non vi è dubbio, che l’attenzione si è concentrata particolarmente sulla presenza di Aflatossina M1 fin dall’emergenza del 2003 e poi ripetutamente in occasione di annate climaticamente svantaggiose nell’ultimo decennio. Questo contaminante (derivato dalla Aflatossina B presente in alcuni foraggio o mangimi ed in particolare in quelli a base di mais) è infatti considerato “tipico” della nostra area geografica sia per le condizioni climatiche che si possono determinare in alcune annate nel periodo caldo, sia perché il mais (pur non essendo l’unico alimento che si può contaminare) costituisce uno degli elementi base delle bovine da latte. Proprio per questo nel corso degli ultimi anni, a livello regionale, è stato realizzato un costante ed approfondito sistema di monitoraggio del latte (esteso anche a foraggi, mangimi, e formaggi) basato sia su controlli ufficiali (alla stalla, sulle cisterne, sulle partite di mangimi e alimenti) sia sui sistemi di autocontrollo di allevatori e caseifici.
Dal 2017 pertanto il nostro laboratorio ha pertanto iniziato a fornire questa determinazione analitica anche sui campioni conferiti per il Sistema di pagamento latte qualità con periodicità mensile su specifica richiesta dei primi Acquirenti (che si aggiungono quindi a quelli richiesti in regime di autocontrollo da singoli allevatori).
Riteniamo questa attività importante per i seguenti motivi:
- Disponibilità di un monitoraggio continuo e ripetuto nel corso dell’anno in grado di preavvisare di eventuali incrementi, puntuali o generalizzati in un ambito territoriale ampio;
- Incremento delle probabilità di individuare singole situazioni di non conformità in aggiunta ai controlli ufficiali ed alle altre modalità di autocontrollo messe in atto dai mangimifici, dai produttori e dai trasformatori di latte.
Per informazioni più particolareggiate si veda, in questo stesso sito, la specifica sezione destinata ai risultati complessivi osservati dai laboratori IZSLER su tutti i campioni conferiti dal quale si riporta un grafico esemplificativo:
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Lo stesso tipo di rappresentazione, anche se su un numero decisamente più limitato di campioni, ma con scansione mensile, viene fornito di seguito per i meno numerosi campioni conferititi nell’ambito del sistema di pagamento latte qualità.
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Patogeni Contagiosi – Anche in questo caso le verifiche periodiche sul latte di massa sono elementi conoscitivi importanti per la valutazione dello stato sanitario degli allevamenti: conferma di indennità, controllo di reintroduzione, verifica dell’andamento progressivo della diffusione dell’infezione. Le determinazioni analitiche di questo tipo sfruttano l’elevato livello di sensibilità raggiunto grazie a metodiche innovative di biologia molecolare applicate, attualmente, nei confronti di S. aureus, Str. agalactiae, Myc bovis, Myc agalactiae e Prototheca spp.
Patogeni Alimentari – Discorso simile si può fare nei confronti di microrganismi che, indipendentemente dal loro potere patogeno per le bovine, possono assumere rilevanza nei confronti della salute del consumatore (in particolare ovviamente nel caso di prodotti a latte crudo) quali, ad esempio: Listeria monocytogens, E. coli VTEC, S. aureus, Campylobacter termotolleranti.
Acidi Grassi – Dal 2012 la composizione in acidi grassi (differenziati nelle 4 componenti Saturi, Insaturi, Monoinsaturi e Polinsaturi) può essere stimata in modo rapido e semplice su tutti i campioni di massa aziendale conferiti per il pagamento qualità tramite analisi di screening. Questi parametri, anche se stimati come detto con metodiche non specialistiche e pertanto con un livello di accuratezza limitato, forniscono a nostro avviso informazioni, preliminari e complessive, ma fondamentali per avviare un processo di caratterizzazione del latte (e dei prodotti derivati) in funzione di componenti nutritive/salutistiche che attirano sempre di più l’attenzione dei consumatori.
E’ su questi aspetti del resto che si sta progressivamente concentrando l’attenzione degli Operatori del settore nel caso dei prodotti tipici tradizionali che, come è noto, costituiscono gran parte delle nostre esportazioni casearie. Va considerato anche che, a differenza di altri parametri, la composizione in acidi grassi può essere significativamente migliorata attraverso adeguamenti della nutrizione animale e, pertanto, la disponibilità di un indicatore sintetico dell’andamento in un allevamento può risultare particolarmente interessante per verifiche di lungo periodo.