MALATTIA

L’Afta epizootica è una malattia infettiva virale estremamente contagiosa, che porta alla formazione di caratteristiche lesioni vescicolari a carico di siti di elezione come cavo orale, mammella e piedi.

L’emergenza di tale malattia, attualmente assente in Italia, riveste importanza a livello globale portando all’attuazione di diversi programmi di gestione e sorveglianza in diverse regioni, soprattutto nelle aree che si affacciano nel bacino del Mediterraneo e che potrebbero veicolare l’introduzione del virus in Europa. Considerata la sua rilevanza, l’Afta epizootica è inserita nelle cinque malattie soggette a controllo ed eradicazione secondo il Regolamento (UE) n. 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Tale malattia è caratterizzata da una elevata morbilità, che può raggiungere anche il 100%, mentre la mortalità è in genere contenuta nei soggetti adulti. Negli animali giovani può portare a fenomeni di mortalità improvvisa, legata soprattutto a casi di miocardite.

AGENTE EZIOLOGICO

L’agente causale dell’Afta epizootica è Aphthovirus vesiculae, un virus a RNA, privo di envelope, del genere Aphtovirus, appartenente alla famiglia Picornaviridae. Si riconoscono 7 diversi sierotipi del virus (O, A, Asia-1, C, SAT1, SAT2 e SAT3), che a loro volta sono caratterizzati dalla presenza di molteplici topotipi e lineaggi.

 

CARATTERISTICHE DI RESISTENZA DEL VIRUS

  • INATTIVAZIONE
  1. Il virus viene rapidamente inattivato a pH <6 o >9
  2. Viene inattivato da temperature al di sopra di 50°C (30 minuti), 60°C (10 minuti), 80°C (2 minuti), 100°C (inattivazione istantanea)
  3. Pastorizzazione a elevate temperature
  4. Sensibile a disinfettanti: idrossido di sodio e di potassio (2%); carbonato di sodio (4%); acido citrico (0.2%)
  • RESISTENZA
  1. Il virus presenta una moderata resistenza ambientale in condizioni di freddo e umidità
  2. Resiste a refrigerazione e congelamento
  3. All’interno delle carcasse, nei linfonodi e nel midollo. Nei muscoli viene inattivato dall’acidificazione prodotta dal rigor mortis
  4. Resiste a disinfettanti: iodofori, fenoli, Sali di ammonio quaternario

 

EPIDEMIOLOGIA

La situazione epidemiologica a livello mondiale è complessa e in continua evoluzione. Attualmente la malattia è presente in America meridionale, Africa, Medio Oriente e Asia.

Per conoscere gli ultimi aggiornamenti è possibile consultare i report trimestrali pubblicati sul sito del World Reference Laboratory for Foot-and-Mouth Disease (WRLFMD), e creati in collaborazione con WOAH e FAO.

SPECIE SENSIBILI

Sono recettivi all’Afta tutti i mammiferi appartenente all’ordine Artiodactyla, sottordine

  1. Ruminantia (bovino, bufalo,ovino, caprino, cervo, capriolo, camoscio, daino, muflone, stambecco, antilope, giraffa, yak, gnu, zebù, gazzella, bisonte, alce, renna ecc.)
  2. Suiformes (maiale, cinghiale, facocero, potamocero, ilocero, ippopotamo ecc.)
  3. Tylopoda (cammello, dromedario, lama, alpaca, guanaco ecc.).

FONTI DI INFEZIONE

Il virus si può diffondere attraverso:

  • Contatto diretto o indiretto con animali infetti, soprattutto con la formazione di aerosol e droplets. Possono essere coinvolti animali sia domestici che selvatici
  • Prodotti di origine animale (carne, latte ecc.)
  • Oggetti, attrezzi, persone e veicoli contaminati

INGRESSO DEL VIRUS NELL’ANIMALE

Gli animali possono infettarsi

  • Per via respiratoria: gli aerosol prodotti dagli animali infetti possono contenere particelle virali. Questa rappresenta la principale via di trasmissione per i ruminanti, e in particolare per i bovini, che risultano maggiormente suscettibili rispetto agli ovicaprini. I suini risultano abbastanza resistente all’infezione tramite via respiratoria, richiedendo alte cariche virali. Allo stesso tempo però, i suini sono i maggiori generatori di elevate quantità di aerosol infetto.
  • Per via orale: l’infezione avviene tramite l’ingestione di alimenti contaminati. È una via di trasmissione meno efficiente di quella respiratoria, pertanto richiede elevate cariche virali. I ruminanti risultano essere meno suscettibili, mentre questa rappresenta la via di trasmissione più importante per i suini.

Altre vie di ingresso possono essere rappresentate da lesioni cutanee, inseminazione artificiale con seme infetto e per via iatrogena, attraverso, per esempio, iniezioni con materiali contaminati.

PATOGENESI

Il periodo di incubazione va da 2 a 14 giorni, anche se il periodo più frequente è da 2 a 6 giorni.

Una volta entrato nell’organismo, il virus va incontro a una prima replicazione a livello di faringe, palato molle e dei tessuti linfatici delle prime vie respiratorie. Successivamente attraverso una fase viremica, della durata di circa 4 gg, il virus raggiunge i siti di elezione, rappresentati da cellule epiteliali cheratinizzate squamose di cute e mucose presenti a livello di cavo orale, mammella e piedi. Nei soggetti giovani il virus frequentemente si localizza a livello miocardico.

L’escrezione del virus avviene attraverso tutte le secrezioni ed escrezioni e può iniziare prima dell’insorgenza dei sintomi clinici (nel latte è possibile rilevarlo fino a 4 giorni prima).

È possibile che qualche specie (soprattutto bovini e ovicaprini) possano albergare il virus a livello orofaringeo e di palato molle per molto tempo, superiore a 28 giorni fino anche a diversi mesi e anni. Questa condizione viene descritta negli animali carrier, o portatori persistenti. Gli animali risultano clinicamente sani, ma sono in grado di eliminare in maniera intermittente il virus.

CLINICA

Nel decorso della malattia si riconosce

  1. Fase prodromica: caratterizzata da sintomi aspecifici, apatia, anoressia, ipertermia, calo della produzione lattea
  2. Fase clinica: caratterizzata dall’insorgenza delle tipiche lesioni vescicolari, che successivamente vanno incontro a rottura con la formazione di erosioni anche piuttosto estese. Le lesioni tendono a guarire nel giro di una decina di giorni.

Altri sintomi che si possono riscontrare sono: dolore intenso, bruxismo, scialorrea, zoppia, inappetenza, miocardite e morta giovanile.

Negli ovicaprini la sintomatologia clinica è piuttosto blanda, tanto che i sintomi potrebbero anche sfuggire all’allevatore. Animali appartenenti a questa specie potrebbero quindi rappresentare degli eliminatori silenti della malattia.

 

BOVINI

Nella fase prodromica si assiste a un’improvvisa e drammatica caduta della produzione lattea, accompagnata da ridotto appetito e depressione del sensorio. Si osservano sintomi aspecifici come febbre, abbattimento e anoressia piuttosto marcati. La malattia nei bovini ha infatti un decorso grave, le lesioni sono più facilmente riscontrabili a livello orale (su lingua, labbra, gengive, palato e parte interna delle guance) e sono accompagnate da una profusa salivazione e dal rumore caratteristico “di bacio”. Le vescicole possono essere riscontrate anche a livello di cute della mammella, sul cercine coronario e nello spazio interdigitale. Le lesioni podali in genere persistono più a lungo di quelle orali. Il virus può localizzarsi e colpire anche altri organi. La localizzazione a livello miocardico è piuttosto frequente nei soggetti giovani e si manifesta in genere con morte improvvisa. Nelle vacche gravide può provocare aborto.

 

SUINI

La malattia nei suini ha un decorso grave ed è caratterizzata da lesioni che si localizzano prevalentemente a livello podale. La sintomatologia classica infatti prevede zoppia, letargia e una decisa riluttanza al movimento. Gli animali faticano a mantenere la stazione quadrupedale a causa dell’intensa dolorabilità. Le lesioni si riscontrano prevalentemente a livello di cercine coronario e solco interdigitale e possono andare incontro a gravi complicanze che talvolta esitano addirittura nel distacco degli unghioni e degli unghielli.

Le vescicole posso localizzarsi anche a livello di grugno, lingua, palato e gengive. Nei suinetti sotto scrofa si ha invece mortalità precoce in relazione alle spiccate caratteristiche di miotropismo del virus; si può verificare la morte improvvisa di intere nidiate, prima che nell’allevamento e nelle madri compaiano le lesioni vescicolari.

 

OVI-CAPRINI

L’andamento della malattia è simile a quanto osservato nei bovini, sono abbastanza frequenti però le forme asintomatiche, in cui la viremia è l’unico riscontro di infezione. Le lesioni orali sono rare nella pecora, più frequenti nella capra; il loro decorso è molto rapido; appaiono spesso come aree erosive anziché vescicole. Segni di zoppia sono frequenti nei greggi di pecore infette. Le lesioni podali più frequentemente interessano il cercine coronario. La morte improvvisa in assenza di lesioni vescicolari o di altri segni clinici si verifica spesso sia negli agnelli che nei capretti ed in questi casi sono presenti le lesioni miocardiche.

 

EVOLUZIONE E DATAZIONE DELLE LESIONI

GIORNO 1: Irruzione vescicole piene di fluido

GIORNO 2:

  • Vescicole rotte,
  • epitelio vivo con frammenti di epitelio e/o margini netti
  • NO deposito di fibrina.
  • La lesione appare rosso vivo

GIORNI 3-4:

  • Lesioni perdono i margini netti.
  • Il colore non è più così rosso intenso
  • Inizia il deposito di fibrina

GIORNI 4-5:

  • Deposito di fibrina molto evidente,
  • Ricostruzione dell’epitelio nelle zone periferiche.
  • Colore chiaro dell’epitelio in ricrescita,
  • lesione centrale di colore rosato

GIORNO 7:

  • Presenza di tessuto cicatriziale,
  • Possibile presenza ancora di fibrina
  • Colore rosato,
  • ricrescita epiteliale

GIORNI >10:

  • La cicatrice è molto evidente,
  • lesione assume un colore molto pallido

 

DIAGNOSI

La diagnosi di malattia, non può prescindere da una valutazione accurata e comparata dei seguenti elementi:

  • anamnesi;
  • situazione epidemiologica;
  • quadro clinico;
  • lesioni anatomo-patologiche;
  • esami di laboratorio.

Qui una tabella dei campioni da prelevare e delle tecniche analitiche appropriate in ogni fase della malattia

 

1) ISOLAMENTO VIRALE

Il virus può essere isolato su colture cellulari (LFBK, IBRS2, BHK-21) con visibile effetto citopatico.

L’isolamento permette di ottenere grandi quantità di virus per poter poi procedere con ulteriori indagini di sierotipizzazione, caratterizzazione molecolare, produzione di vaccini etc.

Questa metodica è tuttavia lunga e laboriosa, e considerando che altri virus potrebbero dare effetti citopatici simili, è necessario effettuare dei test di conferma.

2) TEST ELISA PER RICERCA ANTIGENE

Si tratta di un test ELISA sandwich che permette di rilevare e sierotipizzare virus aftosi attraverso l’utilizzo di una piattaforma di reagenti (Anticorpi Monoclonali e/o sieri policlonali) sierotipo specifici. Il test è applicabile su campioni di epitelio e/o liquido vescicolare. Pur essendo un metodo rapido e di facile esecuzione risente di alcuni limiti legati alla quantità di virus presente nel campione di partenza.

3) LFD (Lateral Flow Device) PER RICERCA ANTIGENE

Rappresenta un test rapido e di semplice utilizzo, particolarmente adatto all’uso in campo in quanto non richiede strumentazione specifica. I dispositivi commercialmente disponibili consentono di identificare e/o tipizzare virus di alcuni sierotipi aftosi (O, A, Asia-1, SAT 1 e SAT 2). Il test, come per il test ELISA, è applicabile su campioni di epitelio e/o liquido vescicolare e risente di alcuni limiti legati alla quantità di virus presente nel campione di partenza.

4) PCR, METODICHE MOLECOLARI

Le metodiche molecolari sono altamente sensibili e permettono di rilevare il virus in qualsiasi tipo di matrice. Per la diagnosi iniziale si utilizzano due metodiche di Real-time RT-PCR in grado di rilevare tutti i sierotipi del virus perché disegnate su due regioni conservate del genoma virale. Attualmente non esistono, al di là del sequenziamento, metodi molecolari diagnostici che permettono la tipizzazione dei sette sierotipi aftosi. Tuttavia sono state sviluppate metodiche di Real-Time RT-PCR capaci di rilevare specifici topotipi virali che sono maggiormente circolanti nei diversi pool.

 

5) SEQUENZIAMENTO E ANALISI FILOGENETICHE

Il sequenziamento con metodo classico Sanger del gene che codifica per la proteina VP1 del virus permette di distinguere i vari sierotipi di Afta e di effettuare le analisi filogenetiche finalizzate a studi epidemiologici per capire da dove si è originata l’incursione primaria, inoltre aiutano a valutare qual è il vaccino più idoneo da utilizzare contro il ceppo virale rilevato.

Attualmente si stanno implementando protocolli per sequenziamenti di nuova generazione che permettono di sequenziare il genoma virale completo. I metodi di sequenziamento non sono utilizzati nella diagnostica iniziale perché richiedono un tempo di esecuzione più lungo rispetto a una Real-time RT-PCR, ma non si esclude che in un futuro vicino possanno essere utilizzati anche a questo scopo.

6) TEST SIEROLOGICI

I test sierologici si applicano con la finalità di definire la prevalenza della malattia, verificare l’assenza di circolazione virale nell’ottica di movimentazione e valutare il livello immunitario degli animali. I test sierologi consentono sia la ricerca di anticorpi verso le proteine strutturali (SP) sia verso le proteine non strutturali (NSP) del virus. Il riscontro di queste due classi di anticorpi permette la differenziazione tra animali infetti e vaccinati. Nei primi infatti sono riscontrabili sia anticorpi anti-SP che anti-NSP, mentre in soggetti vaccinati è possibile rilevare anticorpi solo verso le SP.

DIAGNOSI DIFFERENZIALI

Esistono diverse malattie infettive che potrebbero presentare segni e sintomi sovrapponibili a quelli dell’Afta epizootica, e che pertanto devono essere prese in considerazione nel procedimento di diagnosi differenziale. Vedi tabella riassuntiva

La Stomatite vescicolare, la malattia vescicolare del suino, l’esantema vescicolare, e l’infezione da Senecavirus A, sono clinicamente indistinguibili da Afta epizootica. Pertanto in questi casi la conferma deve basarsi sull’esito di indagini di laboratorio.

  • Stomatite papulare del bovino: il bovino è l’unico ospite naturale, le lesioni sono localizzate sulla mucosa buccale e inizialmente sono di tipo papulare, poi diventano erosivo – ulcerative;
  • Bluetongue: le manifestazioni tipiche si osservano negli ovi-caprini, nei bovini in genere la malattia decorre in forma asintomatica. E’ malattia legata alla presenza dell’insetto vettore ed in genere ha andamento stagionale;
  • BVD/Malattia delle Mucose: si osserva diarrea con sangue e fibrina, le lesioni sono di tipo erosivo, ci può essere aborto e ipofertilità. La morbilità è più bassa e la mortalità è più elevata. Non ci sono lesioni a livello podale.
  • IBR: c’è iperemia e necrosi focale delle prime vie respiratorie, sintomatologia respiratoria con scolo nasale e oculo-congiuntivale, si possono osservare anche forme genitali e aborto;
  • Mammillite erpetica bovina: le lesioni sono in genere presenti sulla cute del capezzolo e della mammella e sono di tipo nodulare o ulcerativo; la malattia colpisce bovino e bufalo;
  • Febbre Catarrale Maligna: malattia sporadica che colpisce principalmente i bovini con sintomatologia respiratoria e oculare (scolo oculare, opacità corneale). Non sono presenti vescicole, i linfonodi sono ingrossati, elevata mortalità.
  • Parapoxvirus: assenza di lesioni vescicolari ed erosive, non è presente zoppia.
  • Peste dei piccoli ruminanti: caratterizzata da scolo nasale, congiuntivite, sintomi respiratori (broncopolmonite) e intestinali (diarrea). Non si ha formazione di vescicole.
  • Traumi, fotosensibilizzazione, ustione: interessa regioni diverse della cute, senza una localizzazione specifica. Sintomatologia da disfuzione epatica. In genere è un problema che si riscontra solo in un soggetto e non sono presenti altri sintomi (febbre..)
  • Infezione da encefalomiocardiovirus: si manifesta nei suinetti lattanti e svezzati con morte improvvisa dovuta a miocardite, si osserva anche ipofertilità e natimortalità. Le lesioni cardiache che hanno un aspetto nodulare, si accompagnano a epatosplenomegalia, idropericardio, idrotorace, ascite, congestione renale e linfonodale.
  • Forme carenziali: non hanno in genere un decorso così acuto e c’è zoppia.