INTRODUZIONE
La Paratubercolosi è una malattia infettiva e contagiosa che colpisce in particolare i ruminanti domestici e selvatici.
Studiata e descritta per la prima volta nel 1895 da Johne e Frothingham, è nota anche come malattia di Johne (Johne’s Disease).
Il ruolo eziologico di Mycobaterium avium subs. paratuberculosis (Map) fu definito con certezza nel 1912, quando Twort e Ingram riuscirono a coltivare l’agente eziologico in laboratorio.
Negli ultimi anni l’attenzione verso questa malattia è andata via via aumentando, a causa della sempre maggiore diffusione nell’allevamento bovino, ovicaprino e negli animali selvatici, nonchè per il possibile ruolo patogeno di Map per l’uomo.
La Paratubercolosi è una malattia infettiva e contagiosa che colpisce in particolare i ruminanti domestici e selvatici.
Studiata e descritta per la prima volta nel 1895 da Johne e Frothingham, è nota anche come malattia di Johne (Johne’s Disease).
Il ruolo eziologico di Mycobaterium avium subs. paratuberculosis (Map) fu definito con certezza nel 1912, quando Twort e Ingram riuscirono a coltivare l’agente eziologico in laboratorio.
Negli ultimi anni l’attenzione verso questa malattia è andata via via aumentando, a causa della sempre maggiore diffusione nell’allevamento bovino, ovicaprino e negli animali selvatici, nonchè per il possibile ruolo patogeno di Map per l’uomo.
DIFFUSIONE
La Paratubercolosi rappresenta una delle malattie infettive più importanti per l’ampia diffusione e per i danni arrecati agli allevamenti, in particolare bovini, dove il tipo di allevamento, le carenze di tipo igienico, le spinte sempre maggiori del punto di vista produttivo e la commercializzazione incontrollata di animali hanno favorito, negli ultimi anni, la diffusione dell’infezione e l’aumento di incidenza della malattia.
Come indicano numerose indagini su vasta scala condotte nei Paesi a maggiore vocazione zootecnica, la malattia è oggi diffusa in tutto il mondo, con dati di prevalenza di allevamenti infetti variabili dal 7 al 60%.
In Italia sono state effettuate recentemente alcune indagini epidemiologiche in Veneto, in Lombardia, nel Lazio e in Emilia-Romagna, da cui risulta una diffusione negli allevamenti bovini stimata tra il 20 e il 40%.
La Paratubercolosi rappresenta una delle malattie infettive più importanti per l’ampia diffusione e per i danni arrecati agli allevamenti, in particolare bovini, dove il tipo di allevamento, le carenze di tipo igienico, le spinte sempre maggiori del punto di vista produttivo e la commercializzazione incontrollata di animali hanno favorito, negli ultimi anni, la diffusione dell’infezione e l’aumento di incidenza della malattia.
Come indicano numerose indagini su vasta scala condotte nei Paesi a maggiore vocazione zootecnica, la malattia è oggi diffusa in tutto il mondo, con dati di prevalenza di allevamenti infetti variabili dal 7 al 60%.
In Italia sono state effettuate recentemente alcune indagini epidemiologiche in Veneto, in Lombardia, nel Lazio e in Emilia-Romagna, da cui risulta una diffusione negli allevamenti bovini stimata tra il 20 e il 40%.
CARATTERISTICHE DEL MICRORGANISMO
Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis è dotato di elevata resistenza nell’ambiente, dove può sopravvivere per periodi prolungati: 163 giorni nelle acque di fiume, 270 giorni nelle acque stagnanti, 11 mesi nelle feci bovine e nel suolo, ma solo 7 giorni nelle urine.
In condizioni sperimentali, è stato dimostrato che la sopravvivenza di Map nei liquami bovini è di 98 giorni a 15°C, ma può raggiungere 252 giorni a 5 °C.
Map non si moltiplica nell’ambiente, ma solo all’interno delle specie animali recettive, dove trova un habitat favorevole all’interno dei macrofagi.
Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis è dotato di elevata resistenza nell’ambiente, dove può sopravvivere per periodi prolungati: 163 giorni nelle acque di fiume, 270 giorni nelle acque stagnanti, 11 mesi nelle feci bovine e nel suolo, ma solo 7 giorni nelle urine.
In condizioni sperimentali, è stato dimostrato che la sopravvivenza di Map nei liquami bovini è di 98 giorni a 15°C, ma può raggiungere 252 giorni a 5 °C.
Map non si moltiplica nell’ambiente, ma solo all’interno delle specie animali recettive, dove trova un habitat favorevole all’interno dei macrofagi.
EPIDEMIOLOGIA
La Paratubercolosi è una malattia tipica, ma non esclusiva dei ruminanti, in quanto altre specie animali non ruminanti sono recettive all’infezione naturale e sperimentale, ed in alcuni casi possono manifestare i sintomi della malattia. Mentre il ruolo epidemiologico dei ruminanti selvatici è dimostrato, altrettanto non si può dire per le specie animali non ruminanti, non essendo ancora completamente chiarita la loro capacità di diffondere Map nell’ambiente in dosi infettanti.
La via più comune di introduzione dell’infezione in allevamento è l’acquisto di animali infetti.
Essendo l’infezione localizzata elettivamente a livello intestinale, il materiale infettante di importanza primaria è rappresentato dalle feci. Gli animali infetti possono eliminare con le feci, in maniera continua o intermittente, notevoli quantità di micobatteri, fino a cinquemila miliardi al giorno.
Nelle fasi avanzate di infezione, Map diffonde a vari organi ed apparati e può essere presente in altri liquidi biologici come il latte, il seme e l’espettorato.
La recettività all’infezione è massima nel vitello e diminuisce con l’aumentare dell’età; generalmente nei soggetti infettatisi da giovani con elevate quantità di Map si manifestano più frequentemente i sintomi di malattia.
L’infezione si realizza generalmente nel vitello:
La Paratubercolosi è una malattia tipica, ma non esclusiva dei ruminanti, in quanto altre specie animali non ruminanti sono recettive all’infezione naturale e sperimentale, ed in alcuni casi possono manifestare i sintomi della malattia. Mentre il ruolo epidemiologico dei ruminanti selvatici è dimostrato, altrettanto non si può dire per le specie animali non ruminanti, non essendo ancora completamente chiarita la loro capacità di diffondere Map nell’ambiente in dosi infettanti.
La via più comune di introduzione dell’infezione in allevamento è l’acquisto di animali infetti.
Essendo l’infezione localizzata elettivamente a livello intestinale, il materiale infettante di importanza primaria è rappresentato dalle feci. Gli animali infetti possono eliminare con le feci, in maniera continua o intermittente, notevoli quantità di micobatteri, fino a cinquemila miliardi al giorno.
Nelle fasi avanzate di infezione, Map diffonde a vari organi ed apparati e può essere presente in altri liquidi biologici come il latte, il seme e l’espettorato.
La recettività all’infezione è massima nel vitello e diminuisce con l’aumentare dell’età; generalmente nei soggetti infettatisi da giovani con elevate quantità di Map si manifestano più frequentemente i sintomi di malattia.
L’infezione si realizza generalmente nel vitello:
- per via congenita (nel 20-40% dei soggetti nati da madre con malattia clinicamente manifesta e nel 10-20% dei soggetti nati da madri con infezione subclinica);
- per ingestione di colostro/latte infetto, che risulta tale nel 35% delle bovine con malattia clinicamente manifesta e nel 3-19% delle bovine con infezione subclinica;
- per contatto con ambiente contaminato (mammelle imbrattate da feci infette, lettiera, acqua e alimenti contaminati).
L’inadeguatezza strutturale degli abbeveratoi e la conseguente mancata protezione dalla contaminazione fecale, così come la pratica della fertirrigazione possono rappresentare fattori di rischio per la diffusione dell’infezione in allevamenti infetti.
MANIFESTAZIONI CLINICHE E DANNI ECONOMICI
Il periodo di incubazione della malattia può variare da alcuni mesi a diversi anni.
La malattia compare generalmente in animali di 3-5 anni di età, più frequentemente in prossimità del parto.
I sintomi iniziali sono generalmente vaghi: diminuzione dell’incremento ponderale, pelo ruvido e opaco, cute secca e anelastica; sono segnalati diminuzione della produzione lattea, ipofertilità, anemia, febbre intermittente, edema intermandibolare.
Nel bovino in seguito compare la diarrea, talora molto profusa, cronica o intermittente, con periodi di remissione di settimane o mesi; in questa fase l’appetito è conservato.
Negli stadi terminali si ha anoressia, diarrea talvolta emorragica, edema nella regione dell’addome, depressione del sensorio, grave e progressivo scadimento delle condizioni generali, fino alla morte.
L’impatto economico della Paratubercolosi, al di là delle perdite legate alle forme cliniche, è difficile da quantificare.
L’effetto negativo della Paratubercolosi sulla produzione lattea è ben documentato: la maggior parte degli studi riporta un calo di produzione di oltre il 15% nelle bovine colpite dalla forma clinicamente manifesta, e del 5-15% in quelle con infezione subclinica.
In bovini da carne con infezione subclinica si è osservata una significativa diminuzione dell’incremento ponderale (-13%) ed un peggioramento sia dell’indice di conversione degli alimenti (-10,2% per l’energia e -12,5% per la SS), che della valutazione della carcassa al macello.
La maggiore incidenza di problemi di fertilità, di mastiti, o di altri problemi di natura sanitaria in soggetti infetti è stata segnalata, ma necessita di maggiori approfondimenti. La perdita di materiale genetico legata alla macellazione precoce è difficilmente quantificabile in termini di impatto economico, ma deve essere necessariamente annoverata nelle perdite.
Non sono da sottovalutare anche i danni che potrebbero derivare dalla limitazione del commercio degli animali infetti o provenienti da allevamenti infetti, qualora l’Italia decida di perseguire la via del controllo dell’infezione, tracciata dalla maggior parte dei Paesi a vocazione zootecnica.
Il danno economico di maggior rilievo, negli allevamenti ad alta prevalenza d’infezione, è legato alla necessità, da parte dell’allevatore, di non forzare sulle produzioni, in quanto ciò potrebbe rappresentare un fattore condizionante alla comparsa delle manifestazioni cliniche.
Il periodo di incubazione della malattia può variare da alcuni mesi a diversi anni.
La malattia compare generalmente in animali di 3-5 anni di età, più frequentemente in prossimità del parto.
I sintomi iniziali sono generalmente vaghi: diminuzione dell’incremento ponderale, pelo ruvido e opaco, cute secca e anelastica; sono segnalati diminuzione della produzione lattea, ipofertilità, anemia, febbre intermittente, edema intermandibolare.
Nel bovino in seguito compare la diarrea, talora molto profusa, cronica o intermittente, con periodi di remissione di settimane o mesi; in questa fase l’appetito è conservato.
Negli stadi terminali si ha anoressia, diarrea talvolta emorragica, edema nella regione dell’addome, depressione del sensorio, grave e progressivo scadimento delle condizioni generali, fino alla morte.
L’impatto economico della Paratubercolosi, al di là delle perdite legate alle forme cliniche, è difficile da quantificare.
L’effetto negativo della Paratubercolosi sulla produzione lattea è ben documentato: la maggior parte degli studi riporta un calo di produzione di oltre il 15% nelle bovine colpite dalla forma clinicamente manifesta, e del 5-15% in quelle con infezione subclinica.
In bovini da carne con infezione subclinica si è osservata una significativa diminuzione dell’incremento ponderale (-13%) ed un peggioramento sia dell’indice di conversione degli alimenti (-10,2% per l’energia e -12,5% per la SS), che della valutazione della carcassa al macello.
La maggiore incidenza di problemi di fertilità, di mastiti, o di altri problemi di natura sanitaria in soggetti infetti è stata segnalata, ma necessita di maggiori approfondimenti. La perdita di materiale genetico legata alla macellazione precoce è difficilmente quantificabile in termini di impatto economico, ma deve essere necessariamente annoverata nelle perdite.
Non sono da sottovalutare anche i danni che potrebbero derivare dalla limitazione del commercio degli animali infetti o provenienti da allevamenti infetti, qualora l’Italia decida di perseguire la via del controllo dell’infezione, tracciata dalla maggior parte dei Paesi a vocazione zootecnica.
Il danno economico di maggior rilievo, negli allevamenti ad alta prevalenza d’infezione, è legato alla necessità, da parte dell’allevatore, di non forzare sulle produzioni, in quanto ciò potrebbe rappresentare un fattore condizionante alla comparsa delle manifestazioni cliniche.
DIAGNOSI
Uno degli ostacoli maggiori al controllo della Paratubercolosi è rappresentato dalla difficoltà di una diagnosi certa d’infezione, legata alla scarsa sensibilità dei test diagnostici.
Uno degli ostacoli maggiori al controllo della Paratubercolosi è rappresentato dalla difficoltà di una diagnosi certa d’infezione, legata alla scarsa sensibilità dei test diagnostici.
DIAGNOSI DIRETTA
L’esame colturale delle feci è quello che permette una diagnosi più affidabile, in quanto, pur presentando una sensibilità limitata (40-50%), dimostra una specificità assoluta.
La soglia di rilevazione della metodica è di circa 10-100 micobatteri per grammo di feci, quindi molto più sensibile rispetto all’osservazione microscopica diretta delle feci mediante colorazione di Ziehl-Neelsen (1.000.000/grammo di feci). Quest’ultima metodica è applicabile unicamente su campioni prelevati da animali colpiti dalla forma clinica, ma sicuramente non è idonea ed individuare i soggetti eliminatori subclinici nell’ambito dei piani di controllo.
A fronte dell’attendibilità assoluta dell’esame colturale delle feci, non si possono sottacere i numerosi inconvenienti di tale test, quali i lunghi tempi di attesa per la risposta, i frequenti inquinamenti che ne inficiano il risultato, i costi elevati, la necessità di attrezzature e personale specializzato e dotato di esperienza.
Le tecniche di biologia molecolare (PCR) allo stato attuale non permettono di raggiungere risultati di sensibilità analoghi alle metodiche colturali; per questo motivo la PCR è oggi raccomandata in particolare per la tipizzazione dei ceppi isolati in coltura o per la diagnosi diretta su animali con forma clinica.
L’esame colturale delle feci è quello che permette una diagnosi più affidabile, in quanto, pur presentando una sensibilità limitata (40-50%), dimostra una specificità assoluta.
La soglia di rilevazione della metodica è di circa 10-100 micobatteri per grammo di feci, quindi molto più sensibile rispetto all’osservazione microscopica diretta delle feci mediante colorazione di Ziehl-Neelsen (1.000.000/grammo di feci). Quest’ultima metodica è applicabile unicamente su campioni prelevati da animali colpiti dalla forma clinica, ma sicuramente non è idonea ed individuare i soggetti eliminatori subclinici nell’ambito dei piani di controllo.
A fronte dell’attendibilità assoluta dell’esame colturale delle feci, non si possono sottacere i numerosi inconvenienti di tale test, quali i lunghi tempi di attesa per la risposta, i frequenti inquinamenti che ne inficiano il risultato, i costi elevati, la necessità di attrezzature e personale specializzato e dotato di esperienza.
Le tecniche di biologia molecolare (PCR) allo stato attuale non permettono di raggiungere risultati di sensibilità analoghi alle metodiche colturali; per questo motivo la PCR è oggi raccomandata in particolare per la tipizzazione dei ceppi isolati in coltura o per la diagnosi diretta su animali con forma clinica.
DIAGNOSI INDIRETTA
Il test di valutazione dell’immunità umorale attualmente più utilizzato è il test ELISA.
La sensibilità del test ELISA in allevamento infetto può variare, in funzione dello stadio di infezione, dal 15% (fasi iniziali asintomatiche con eliminazione fecale scarsa) all’87% (sintomatologia clinica in atto con eliminazione fecale molto elevata).
Il preadsorbimento dei sieri con Mycobacterium phlei , come previsto dal Manuale OIE, limitando la possibilità di reazioni crociate con micobatteri eterologhi, ha notevolmente migliorato la specificità del test ELISA, che risulta essere superiore al 99%.
Il test di immunodiffusione in gel di agar (AGID), di semplice e rapida esecuzione, a fronte di una specificità ottima, presenta una bassa sensibilità, inferiore al test ELISA nelle fasi precliniche; per questo motivo se ne consiglia l’applicazione solo in animali con sintomatologia clinica in atto.
Viene ancora utilizzato negli ovicaprini e nei selvatici, in parallelo al test ELISA.
Il test di valutazione dell’immunità umorale attualmente più utilizzato è il test ELISA.
La sensibilità del test ELISA in allevamento infetto può variare, in funzione dello stadio di infezione, dal 15% (fasi iniziali asintomatiche con eliminazione fecale scarsa) all’87% (sintomatologia clinica in atto con eliminazione fecale molto elevata).
Il preadsorbimento dei sieri con Mycobacterium phlei , come previsto dal Manuale OIE, limitando la possibilità di reazioni crociate con micobatteri eterologhi, ha notevolmente migliorato la specificità del test ELISA, che risulta essere superiore al 99%.
Il test di immunodiffusione in gel di agar (AGID), di semplice e rapida esecuzione, a fronte di una specificità ottima, presenta una bassa sensibilità, inferiore al test ELISA nelle fasi precliniche; per questo motivo se ne consiglia l’applicazione solo in animali con sintomatologia clinica in atto.
Viene ancora utilizzato negli ovicaprini e nei selvatici, in parallelo al test ELISA.
I test di valutazione dell’immunità cellulo-mediata (skin test e test del gamma-interferon), pur manifestando una buona sensibilità, dimostrano scarsa specificità.
Il vantaggio di questo tipo di test è la precocità di risposta e dunque la capacità di svelare le nuove infezioni negli animali giovani; al contrario, dato che gli animali in fase avanzata di infezione dimostrano un calo di reattività, tale test dimostra una scarsa correlazione con l’entità dell’escrezione fecale.
L’utilizzo di questo tipo di test, in particolare il test intradermico, facile da eseguire e a basso costo, potrebbe essere sostanzialmente quello di monitorare la diffusione dell’agente eziologico in allevamento e quindi di formulare un giudizio sulle misure di ordine igienico sanitario messe in atto a protezione dei vitelli.
E’ da ricordare inoltre che l’infezione da Map può essere causa di reazione para-allergica alla prova tubercolinica ed interferire quindi con i piani di eradicazione della tubercolosi bovina. In questi casi, data l’appartenenza di Map alla specie Mycobacterium avium, la prova comparativa (con tubercolina aviare o Johnina) è di valido aiuto nella diagnosi differenziale.
Il vantaggio di questo tipo di test è la precocità di risposta e dunque la capacità di svelare le nuove infezioni negli animali giovani; al contrario, dato che gli animali in fase avanzata di infezione dimostrano un calo di reattività, tale test dimostra una scarsa correlazione con l’entità dell’escrezione fecale.
L’utilizzo di questo tipo di test, in particolare il test intradermico, facile da eseguire e a basso costo, potrebbe essere sostanzialmente quello di monitorare la diffusione dell’agente eziologico in allevamento e quindi di formulare un giudizio sulle misure di ordine igienico sanitario messe in atto a protezione dei vitelli.
E’ da ricordare inoltre che l’infezione da Map può essere causa di reazione para-allergica alla prova tubercolinica ed interferire quindi con i piani di eradicazione della tubercolosi bovina. In questi casi, data l’appartenenza di Map alla specie Mycobacterium avium, la prova comparativa (con tubercolina aviare o Johnina) è di valido aiuto nella diagnosi differenziale.
CONTROLLO ED ERADICAZIONE NEGLI ALLEVAMENTI INFETTI
Le strategie di controllo si basano sull’adozione contemporanea di misure tendenti a:
Le strategie di controllo si basano sull’adozione contemporanea di misure tendenti a:
- eliminare i soggetti infetti, in particolare quelli con alta escrezione fecale di Map;
- proteggere i vitelli dall’infezione.
La diminuzione della prevalenza in allevamento passa attraverso l’eliminazione dei soggetti infetti, in particolare ad alta escrezione fecale di Map e della loro prole.
La periodicità dei controlli da eseguire sugli animali è in funzione della prevalenza dell’infezione in allevamento, oltre che degli obbiettivi dell’allevatore.
La periodicità dei controlli da eseguire sugli animali è in funzione della prevalenza dell’infezione in allevamento, oltre che degli obbiettivi dell’allevatore.
Le misure di protezione dei vitelli, analogamente alle norme di profilassi contro le enteriti neonatali, mirano ad evitare il contatto diretto o indiretto del vitello con le feci potenzialmente infette degli adulti. A tale scopo si raccomanda il precoce isolamento del vitello, la sua alimentazione con colostro di vacche negative, l’allevamento in gruppi omogenei di età fino all’età adulta, la protezione delle mangiatoie e degli abbeveratoi dalla contaminazione fecale.
La vaccinazione, nonostante sia un mezzo economico per ridurre la percentuale di casi clinici di malattia, presenta numerosi inconvenienti, come:
- l’interferenza con la reazione della tubercolina bovina; per tale motivo in Italia il suo utilizzo è vietato;
- la sensibilizzazione ai test allergici e sierologici che divengono inapplicabili sul soggetto vaccinato; gli unici metodi diagnostici utilizzabili rimarrebbero la coltura fecale e la PCR;
- la possibilità di lesioni al punto di inoculo;
- la patogenicità del vaccino per l’uomo in caso di inoculazione accidentale;
- l’incompatibilità con un’ottica di eradicazione dell’infezione, oggi ancor più motivata dalle recenti ipotesi di coinvolgimento di MAP nel Morbo di Crohn dell’uomo.
Non esiste una terapia efficace in grado di eliminare l’infezione, anche se prolungata per lunghi periodi.
L’introduzione di animali infetti è quasi sempre il mezzo di introduzione dell’infezione in allevamento. I vari test diagnostici a disposizione non ci danno in nessun caso la certezza che il soggetto negativo sia sano; per questo motivo è sempre opportuno che le garanzie riguardino l’intero allevamento di provenienza dell’animale.
PARATUBERCOLOSI COME POSSIBILE ZOONOSI
E’ almeno un secolo che si discute, a livello scientifico, su un possibile ruolo zoonosico di Map nel Morbo di Crohn, viste le apparenti similitudini dei sintomi e delle lesioni. Molte ricerche sono state realizzate, soprattutto negli ultimi anni, dopo la messa a punto di nuovi e più sofisticati test diagnostici.
Al momento non esistono elementi tali da confermare definitivamente questa ipotesi, in quanto esistono studi che riportano un legame apparentemente evidente tra la malattia e Map ed altri che lo escludono.
Le ipotesi patogenetiche ipotizzano che Ma possa essere:
E’ almeno un secolo che si discute, a livello scientifico, su un possibile ruolo zoonosico di Map nel Morbo di Crohn, viste le apparenti similitudini dei sintomi e delle lesioni. Molte ricerche sono state realizzate, soprattutto negli ultimi anni, dopo la messa a punto di nuovi e più sofisticati test diagnostici.
Al momento non esistono elementi tali da confermare definitivamente questa ipotesi, in quanto esistono studi che riportano un legame apparentemente evidente tra la malattia e Map ed altri che lo escludono.
Le ipotesi patogenetiche ipotizzano che Ma possa essere:
- un agente patogeno primario per l’uomo;
- un agente patogeno in grado di esplicare il suo ruolo non in maniera autonoma, ma solo in presenza di altri microrganismi;
- un agente opportunista, in grado di esplicare il proprio ruolo patogeno solo in soggetti immunodepressi o geneticamente predisposti;
- un agente commensale privo di alcun ruolo patogeno.
Le difficoltà nel chiarire il problema sono legate alle caratteristiche della malattia e del microrganismo, e alla mancanza di un protocollo diagnostico standardizzato da adottare nelle ricerche.
Map è stato sospettato inoltre di essere l’agente causale di altre patologie, come la Scrofula, la Sarcoidosi, la Colite Ulcerativa e il Diabete tipo 1.
Map è un microrganismo il cui serbatoio naturale è rappresentato dai bovini. L’esposizione dell’uomo è garantita dalla sua presenza nella catena alimentare. Sebbene tra gli alimenti imputati siano annoverati i vegetali e l’acqua contaminati da deiezioni di allevamenti infetti, le fonti di contagio più accreditate rimangono gli alimenti di origine animale, in particolare il latte e i prodotti derivati.
A questo proposito è da sottolineare che da diversi studi è emersa la possibilità di sopravvivenza di Map alla temperatura di pasteurizzazione (72°C per 15″).
Anche se allo stato attuale delle conoscenze non si può affermare con certezza che esista una relazione tra Map e Morbo di Crohn, le conoscenze a disposizione impongono ulteriori approfondimenti e conferme, ma forniscono comunque una motivazione per intervenire nel controllo della diffusione della Paratubercolosi, come auspicato dal Report della Comunità Europea (2000), dal titolo “Possibile link between Crohn’s disease and paratuberculosis”, in cui si conclude che: “le evidenze finora disponibili non sono sufficienti né per confermare, né per escludere che Map sia l’agente causale almeno di una parte dei casi di CD. Sono necessarie ulteriori ricerche per risolvere questo dubbio”. Ad ogni modo, lo sviluppo degli strumenti atti a eradicare la paratubercolosi negli animali deve costituire una priorità”.
Map è stato sospettato inoltre di essere l’agente causale di altre patologie, come la Scrofula, la Sarcoidosi, la Colite Ulcerativa e il Diabete tipo 1.
Map è un microrganismo il cui serbatoio naturale è rappresentato dai bovini. L’esposizione dell’uomo è garantita dalla sua presenza nella catena alimentare. Sebbene tra gli alimenti imputati siano annoverati i vegetali e l’acqua contaminati da deiezioni di allevamenti infetti, le fonti di contagio più accreditate rimangono gli alimenti di origine animale, in particolare il latte e i prodotti derivati.
A questo proposito è da sottolineare che da diversi studi è emersa la possibilità di sopravvivenza di Map alla temperatura di pasteurizzazione (72°C per 15″).
Anche se allo stato attuale delle conoscenze non si può affermare con certezza che esista una relazione tra Map e Morbo di Crohn, le conoscenze a disposizione impongono ulteriori approfondimenti e conferme, ma forniscono comunque una motivazione per intervenire nel controllo della diffusione della Paratubercolosi, come auspicato dal Report della Comunità Europea (2000), dal titolo “Possibile link between Crohn’s disease and paratuberculosis”, in cui si conclude che: “le evidenze finora disponibili non sono sufficienti né per confermare, né per escludere che Map sia l’agente causale almeno di una parte dei casi di CD. Sono necessarie ulteriori ricerche per risolvere questo dubbio”. Ad ogni modo, lo sviluppo degli strumenti atti a eradicare la paratubercolosi negli animali deve costituire una priorità”.