Il convegno tenutosi il 20 ottobre ha riscosso un unanime consenso in termini presenze all’evento e soprattutto di contenuti tecnico scientifici.
Presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (IZSLER) si è svolto l’incontro annuale sulle cellule stromali mesenchimali (CSM) organizzato dalla Società Scientifica “Gruppo Italiano Staminali Mesenchimali-GISM” e l’IZSLER.
L’incontro si è avvalso del contributo di esperti del settore ed ha riguardato differenti aspetti:
nella prima sessione le relazioni del professor Massimo Dominici dell’Università di Modena e del professor Ivan Martin dell’Università di Basilea, hanno delineato le principali caratteristiche biologiche delle CSM, con particolare riferimento ai meccanismi d’azione delle stesse sia per quanto riguarda gli aspetti già noti e studiati, sia per quelli non ancora ben conosciuti, i quali necessitano di approfondimenti tecnico/scientifici.
Inoltre, gli stessi relatori, hanno rimarcato come le principali fonti di CSM siano due: midollo osseo e tessuto adiposo; entrambi tessuti dai quali è possibile isolare ed amplificare cellule staminali in grado di differenziare in senso osteogenico, con la formazione in vitro ed anche in vivo di osteoblasti/osteociti in grado di riparare lesioni del tessuto osseo. A tale proposito, sono state inoltre illustrate ricerche recenti che hanno evidenziato risultati promettenti per la riparazione del tessuto cartilagineo.
Il professor Martin ha illustrato un ulteriore strumento applicativo inerente l’impiego delle CSM, è rappresentato dall’utilizzo di sistemi tridimensionali, in grado di mantenere le caratteristiche originali delle cellule e di amplificarle in modo rapido e sicuro. A tale proposito, l’aspetto inerente i controlli qualitativi legati alla produzione delle CSM, rappresenta un punto di fondamentale importanza nell’ambito della terapia rigenerativa.
Nell’ambito più strettamente legato alle potenzialità applicative delle CSM, ormai da molti anni sono stati attivati numerosi “trials clinici”, grazie ai quali è stata messa in evidenza una molteplicità di fattori che possono contribuire al buon esito del processo rigenerativo. Fra questi, i più importanti, sono rappresentati dall’età del donatore, dalla patologia e la sua gravità.
La seconda sessione è stata dedicata alla possibilità di trasferire l’utilizzo delle CSM dalla ricerca alla pratica clinica.
Questo aspetto risulta di cruciale importanza, infatti l’allestimento di un prodotto di terapia avanzata per l’utilizzo in medicina umana, prevede l’applicazione del sistema qualità delle Good Manufacturing Practice (GMP) la cui attuazione è molto impegnativa ed onerosa da parte di chi intenda avvalersi di queste procedure. Nello specifico, il dr. Silvio Temperini, affiliato alla ditta CTP System, ha sottolineato come gli esperti tecnici coinvolti nello studio e nella messa a punto di metodologie di laboratorio legate alle CSM, non siano preparati ad affrontare i processi relativi all’applicazione di tali metodiche secondo schemi “industriali”, in accordo al sistema qualità sopramenzionato. Tale aspetto deve essere considerato nel momento in cui si decida di intraprendere un percorso di tipo applicativo legato alla pratica clinica.
Il Dr. Marcandalli (Terumo), ha illustrato le applicazioni di nuove tecnologie in grado di garantire, in completa sicurezza e sterilità, la propagazione di elevate concentrazioni cellulari, diminuendo i potenziali rischi di inquinamento legati alla manipolazione del campione.
Infine, la dottoressa Nolli (Assobiotec e Europabio Board) ha illustrato l’importanza del coinvolgimento dei ricercatori in tutte le fasi dello sviluppo e della commercializzazione di un prodotto biotecnologico, al fine di ottimizzare i differenti processi di ricerca applicati a tali tecnologie.
L’ultima sessione è stata improntata su dibattiti aperti fra esperti che utilizzano le CSM o i prodotti da esse derivati per la rigenerazione tissutale. La discussione ha permesso di evidenziare che non esiste, al momento, un unico approccio nell’utilizzo delle CSM/derivati. Le potenzialità applicative rimangono legate al tipo di patologia da trattare, ivi comprese, le caratteristiche individuali del paziente e della struttura che svolge l’attività terapeutica.
Inoltre, innovazioni più recenti, quali i secretomi, sebbene molto promettenti e in grado di semplificare le procedure applicative, necessitano di approfondimenti relativi alla loro caratterizzazione e, soprattutto alla loro reale efficacia.
I partecipanti alla giornata di formazione hanno mostrato particolare interesse al dibattito della seconda sessione; infatti, durante la discussione è stato possibile confrontare approcci applicativi ed esperienze pratiche utili a migliorare la condivisione delle informazioni e dei risultati ottenuti sia in ambito sperimentale sia in ambito clinico.