Il dr. Luigi Sidoli ci ha lasciato e con la sua morte scompare uno degli ultimi pionieri che hanno operato nel passato affinché solide potessero essere le fondamenta dell’attuale Istituto Zooprofilattico.
Il termine “pioniere” non appaia esagerato parlando dell’ex Direttore della Sezione di Parma (1972-1992); in quegli anni il dr. Sidoli comprese i grandi cambiamenti dell’allevamento intensivo e delle conseguenze che questo avrebbe portato sul territorio (nella sua amata Pianura Padana) e delle nuove necessità che presto si sarebbero presentate sulle soglie dei laboratori. Ebbe la grande intuizione di trasporre le conoscenze epidemiologiche di patologia aviare nell’allora giovane suinicoltura intensiva comprendendo subito, quasi mistico visionario, che non sarebbero stati lontani i giorni in cui analoghe patologie sarebbero comparse. E così fu. Segnalò per primo in Italia l’Influenza suina, l’encefalomiocardite suina, la pleuropolmonite contagiosa del suino e di queste e di mille altre scoperte ne fece comunicazioni, articoli, conferenze perché nulla era di sua proprietà, diceva, ma tutto ciò che apprendeva era per diritto degli altri.
Negli anni settanta parlava al mondo scientifico in inglese (credetemi non era frequente) al fianco di Leman, Friis, Pijoan, Pensaert che invitava alla SIPAS per tutti coloro che non potevano accedere alle riviste scientifiche o viaggiare per convegni.
Amava la sua sezione diagnostica, amava il lavoro, amava coloro che gli chiedevano un consiglio e stupiva per il suo tempo dedicato allo studio perché riteneva che “¿nessun veterinario può esimersi di sapere che cosa succede al di là dell’Oceano”.
E’ stato entusiasta maestro per le giovani leve, instancabile speculatore clinico, audace precognitore diagnostico fino all’ultimo camice posto sull’appendiabiti, ma soprattutto persona educata con modi d’altri tempi anche quando, e non erano rare, mi dava delle sonore tirate d’orecchie.
Paolo Candotti