La 7° edizione Congresso nazionale sulla paratubercolosi è tornata a svolgersi a Piacenza, nella magnifica cornice della Cappella Ducale di Palazzo Farnese, ed ha registrato il tutto esaurito, con oltre 150 partecipanti, dimostrando un grande interesse per la tematica sia da parte della veterinaria pubblica che dei liberi professionisti.
La mattinata, dedicata all’approfondimento degli aspetti più innovativi della ricerca in campo eziopatogenetico e diagnostico, ha visto la partecipazione del prof. Ad Koets, responsabile del Centro di Referenza Olandese per i Micobatteri del Central Veterinary Institute di Lelystad, nonché professore di Infection Biology presso l’Università di Utrecht.
Nella sua relazione ha illustrato le applicazioni delle possibili vie alternative di controllo della malattia, come la selezione genetica: se applicata come unico intervento in allevamento infetto, si stima che i tempi necessari ad ottenere una riduzione di prevalenza a valori prossimi a zero siano molto lunghi (superiori a 100 anni). L’insieme dei fattori ambientali che determinano l’esposizione sembra invece essere responsabile dell’85 – 95% della variabilità, ed è pertanto su questi fattori che deve maggiormente concentrarsi lo sforzo per contenere la malattia. La relazione del prof. Koets ha però sfatato alcuni dogmi del controllo della paratubercolosi, segnalando possibili vie di trasmissione (es. bioaerosol) alternative alle vie classiche di infezione (fecale orale) e ridimensionando il rischio legato alla assunzione di colostro in ambiente infetto e alla via verticale.
Il Dott. Ricchi (IZSLER, CRN Paratubercolosi) e il Dott. Pozzato (IZSVE, sezione di Verona) hanno quindi illustrato rispettivamente le ultime novità nel campo della epidemiologia molecolare (subtipizzazione molecolare e NGS) e le nuove frontiere nel campo della diagnostica (Luminex, metabolomica, microRNA). La Dr.ssa Piera Mazzone (IZSUM, Perugia) ha illustrato quindi le performances del test gamma interferon e le sue potenzialità come test a risposta precoce, ritenendolo utile ai fini della valutazione dell’esposizione della rimonta e quindi della bontà delle misure igieniche messe in atto per il controllo dell’infezione. Il test potrebbe essere anche applicabile per la certificazione dell’assenza di infezione, mentre non ne è consigliabile l’utilizzo per la identificazione degli animali da riformare in allevamento infetto, essendo la positività al gamma-interferon un indicatore di una risposta immunitaria cellulo-mediata efficace e scarsamente prognostico di una progressione della malattia (escrezione fecale e comparsa di segni clinici).
Il Centro di Referenza (Dott. Norma Arrigoni) ha quindi illustrato le ricerche eseguite nel campo della sicurezza alimentare, illustrando i risultati delle indagini quantitative, eseguite mediante qPCR sul latte di massa delle aziende della regione Emilia Romagna, e i modelli di valutazione del rischio di sopravvivenza di MAP nel latte pastorizzato, nonché gli studi di challenge su formaggi Parmigiano Reggiano / Grana Padano, che hanno dimostrato tempi di riduzione logaritmica di 6-15 giorni, con scomparsa di MAP dal formaggio in 3 – 4 mesi.
Sono quindi stati presentati gli strumenti messi a punto dal Centro di Referenza per la formazione, come un’applicazione da utilizzare su tablet per la valutazione del rischio in allevamento e un film divulgativo per allevatori, già disponibile in rete.
Il pomeriggio è stato dedicato a fare il punto sullo stato di applicazione delle linee guida nazionali, adottate ormai da tutte le regioni italiane, ma con livelli di adesione differenti.
La Regione Lombardia in particolare è stata invitata a presentare il modello virtuoso di sinergia creatasi tra Servizi Veterinari, Istituti Zooprofilattici e liberi professionisti, che ha portato alla adesione di oltre il 50% delle aziende al piano. Da rilevare tra i punti critici la scarsa segnalazione dei casi clinici, che il Ministero della Salute ha sottolineato a chiusura dell’evento, auspicando un rafforzamento della sorveglianza passiva a garanzia della credibilità del sistema.
Il link al video
https://www.youtube.com/watch?v=PNWmho9XMxQ
Nella sua relazione ha illustrato le applicazioni delle possibili vie alternative di controllo della malattia, come la selezione genetica: se applicata come unico intervento in allevamento infetto, si stima che i tempi necessari ad ottenere una riduzione di prevalenza a valori prossimi a zero siano molto lunghi (superiori a 100 anni). L’insieme dei fattori ambientali che determinano l’esposizione sembra invece essere responsabile dell’85 – 95% della variabilità, ed è pertanto su questi fattori che deve maggiormente concentrarsi lo sforzo per contenere la malattia. La relazione del prof. Koets ha però sfatato alcuni dogmi del controllo della paratubercolosi, segnalando possibili vie di trasmissione (es. bioaerosol) alternative alle vie classiche di infezione (fecale orale) e ridimensionando il rischio legato alla assunzione di colostro in ambiente infetto e alla via verticale.
Il Dott. Ricchi (IZSLER, CRN Paratubercolosi) e il Dott. Pozzato (IZSVE, sezione di Verona) hanno quindi illustrato rispettivamente le ultime novità nel campo della epidemiologia molecolare (subtipizzazione molecolare e NGS) e le nuove frontiere nel campo della diagnostica (Luminex, metabolomica, microRNA). La Dr.ssa Piera Mazzone (IZSUM, Perugia) ha illustrato quindi le performances del test gamma interferon e le sue potenzialità come test a risposta precoce, ritenendolo utile ai fini della valutazione dell’esposizione della rimonta e quindi della bontà delle misure igieniche messe in atto per il controllo dell’infezione. Il test potrebbe essere anche applicabile per la certificazione dell’assenza di infezione, mentre non ne è consigliabile l’utilizzo per la identificazione degli animali da riformare in allevamento infetto, essendo la positività al gamma-interferon un indicatore di una risposta immunitaria cellulo-mediata efficace e scarsamente prognostico di una progressione della malattia (escrezione fecale e comparsa di segni clinici).
Il Centro di Referenza (Dott. Norma Arrigoni) ha quindi illustrato le ricerche eseguite nel campo della sicurezza alimentare, illustrando i risultati delle indagini quantitative, eseguite mediante qPCR sul latte di massa delle aziende della regione Emilia Romagna, e i modelli di valutazione del rischio di sopravvivenza di MAP nel latte pastorizzato, nonché gli studi di challenge su formaggi Parmigiano Reggiano / Grana Padano, che hanno dimostrato tempi di riduzione logaritmica di 6-15 giorni, con scomparsa di MAP dal formaggio in 3 – 4 mesi.
Sono quindi stati presentati gli strumenti messi a punto dal Centro di Referenza per la formazione, come un’applicazione da utilizzare su tablet per la valutazione del rischio in allevamento e un film divulgativo per allevatori, già disponibile in rete.
Il pomeriggio è stato dedicato a fare il punto sullo stato di applicazione delle linee guida nazionali, adottate ormai da tutte le regioni italiane, ma con livelli di adesione differenti.
La Regione Lombardia in particolare è stata invitata a presentare il modello virtuoso di sinergia creatasi tra Servizi Veterinari, Istituti Zooprofilattici e liberi professionisti, che ha portato alla adesione di oltre il 50% delle aziende al piano. Da rilevare tra i punti critici la scarsa segnalazione dei casi clinici, che il Ministero della Salute ha sottolineato a chiusura dell’evento, auspicando un rafforzamento della sorveglianza passiva a garanzia della credibilità del sistema.
Il link al video
https://www.youtube.com/watch?v=PNWmho9XMxQ